Alessandro Sicilia è uno di quei poeti del Sud che guardano la realtà e costruiscono il loro immaginario dal loro buen retiro, arroccati nei loro piccoli regni di parole e idee. Il suo studio è nel centro storico di Rende, nel Nord della Calabria. Si accede attraverso un garage. La saracinesca è quasi sempre abbassata e si intravedono i personaggi del suo personale pantheon del Novecento: il Ché appena sulla sinistra, poco più sopra una delle foto più note di Dorothea Lange, la “madre senza patria” del 1936. In fondo prime pagine de l’Unità, storico giornale del Partito comunista italiano, comprese le due rimaste nell’immaginario delle sinistre italiane: quella del Pci al 34 % prima del fallimento del compromesso storico con l’uccisione di Aldo Moro e quella della morte di Enrico Berlinguer, indimenticato leader del Partito comunista più forte d’occidente.
Ma il pezzo forte di questa collezione è un poster 70×90 di Stalin. Se ne sta lì fermo a sorridere, impenetrabile dietro i suoi baffi; mette ancora paura. Non ad Alessandro. Dall’alto dei suoi 84 anni ha attraversato i mutamenti del Secolo breve e le pericolose entropie delle prime due decadi del ventunesimo. Tra i suoi libri spunta un piccolo busto di Lenin: «L’ho comprato Mosca negli anni 60’. Ci andai con un viaggio organizzato dal sindacato con i lavoratori dell’Enel». Il viaggio in Unione sovietica era un must per tanti della gauche italiana di quegli anni. Alessandro c’è tornato quando tutto era già finito. Finita la forza propulsiva della grande madre Russia, finito il sogno del socialismo reale.
Perito elettrotecnico e poeta, Alessandro da buon anfitrione mostra la sua terrazza dalla quale si domina tutta la valle. Una scritta in ferro battuto recita “Mirador”. Fu costruita da un suo parente arrivato dall’Argentina conquistato da quel belvedere. Lui si arrampica lassù spesso nonostante le ginocchia non siano più quelle di prima. Non molla. Non c’è dubbio. In questo posto la cortina di ferro sembra ancora in piedi. A metà tra ostalghia e militanza politica, Alessandro Sicilia conserva un archivio immenso. E lo fa con meticolosa attenzione e cura. Pochi file digitali, molto materiale cartaceo, diapositive, foto, negativi. Conserva traccia di manifestazioni e assemblee sindacali alle quali ha partecipato spesso nella doppia veste di militante e attivista. Oggi si direbbe mediattivista. Alessandro lo era ante litteram. Ha scritto sei libri di versi e continua ancora. Nel suo studio di Rende, in corso Mazzini 54.